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Faccia a faccia

con l'opera

Le parole Ecce Homo (Ecco l’uomo), riportate nel Vangelo di Giovanni (19,5) sono attribuite a Ponzio Pilato, governatore romano della Giudea, presentando Gesù agli ebrei radunati fuori dal palazzo pretorio. Cristo uscì indossando la corona di spine e il mantello di porpora, dopo essere stato flagellato e schernito dai soldati. Alla frase di Pilato, i sacerdoti e le guardie invocarono la crocifissione. Pilato si lavò le mani in segno di innocenza e consegnò Gesù ai soldati.

Questo tema non è frequente nell'arte prima del Rinascimento e da esso ne sono derivate due diverse trattazioni: l'immagine devozionale e la scena narrativa. Nella prima, Gesù è raffigurato solitamente a mezzo busto, con il capo coronato di spine; nel secondo caso la scena include una moltitudine di figure radunate in una piazza o rappresenta la loggia del palazzo di Pilato. In entrambi i casi, Cristo porta sempre con sé gli attributi della corona di spine e del mantello porpora, in alcuni casi anche lo scettro regale, una canna, che i soldati gli hanno messo in mano per scherno.

Nel dipinto di Antonello da Messina si vede un Cristo legato a una colonna con una corona di spine, una corda legata al collo, dietro un piccolo parapetto su cui c'è  la firma dell'autore e una data. E’ stato denominato Ecce homo, ma non sappiamo come definirlo perché la tipologia di questo Cristo è totalmente nuova rispetto quello che si era visto in tutto il 400 italiano, Antonello da Messina è un rivoluzionario nel rinnovamento dell'immagine sacra per la devozione privata, vissuta nell'intimità della propria casa.

Cristo ci sta guardando, ci sta guardando veramente, non è che i suoi occhi siano perduti da qualche parte, sono puntati verso lo spettatore del dipinto, dai suoi occhi scendono delle lacrime, perfettamente visibili. Questa è una novità assoluta perché Antonello da Messina è uno di quegli artisti che nel 400, non sopporta l'idea che uno spettatore rimanga indifferente di fronte ai suoi quadri. Quello che Antonello da Messina vuole assolutamente avere è un coinvolgimento, emotivo dello spettatore nell'immagine che egli si presenta davanti agli occhi.

Cristo sta esprimendo, con una straordinaria forza tutti i suoi sentimenti, ci comunica qualcosa, ci vuole in qualche modo mettere dentro al proprio dolore. La comunicazione però è di tipo complesso. Antonello da Messina cerca sempre di concentrare nelle sue immagini una storia lunga e complicata. Rappresentare un effetto senza la causa è sempre parso a tutti pittori una cosa totalmente impossibile, per Antonello invece, in questo dipinto come nell'Annunciata mostra di essere un esperto nel raccontare storie complesse. Come possiamo sapere esattamente cosa stia accadendo in quel momento? E’ Cristo alla colonna ancora nel corso della flagellazione? E’ Cristo trascinato sulla via del Calvario visto che ha una corda al collo? Potrebbe essere un Cristo risorto? 

L'uomo rappresentato è molto bello, ben fatto secondo il canone figurativo dell'Umanesimo, la devastante esperienza che sta vivendo e che gli segna il viso con un'espressione di umiliazione, per contrasto, risalta ancora più stridente.

La sofferenza, attraverso la bellezza di quel viso, è vertiginosa, assoluta, difficile da pronunciare.

L'artista, fissando lo sguardo del Cristo sull'osservatore con il quale vuole dialogare individualmente con lui e con lui solo, imprime  nel viso del Cristo una forte umanizzazione. E’ la nuda esposizione di questo sguardo irrimediabilmente umiliato ed offeso che rende il dipinto rivoluzionario, anticonformista e al limite del senso religioso comune di oggi come di allora. Sembra che il Cristo dica : “Ho faticato invano?” Lo sguardo vuole provocare una reazione profonda in chi guarda.  . In effetti la concentrazione della passione di Cristo in questo muto grido di inutilità era presente nella Bibbia nella profezia di Isaia, (49,5): “Invano ho faticato, per nulla e inutilmente ho speso la mia forza” conosciuta sicuramente da Antonello da Messina.
Ma chi poteva osare dipingere, nel cristianesimo, un'icona di Gesù con questa espressione? È scioccante sapere che Gesù ha sperimentato il sentimento di aver fatto poco nella sua vita.

Nella curvatura della labbra verso il basso, Antonello da Messina realizza una prodigiosa invenzione intorno alla quale si dispone l'intensità enigmatica dell'intera figura, ecco la complessità della storia e delle emozioni che Antonello da Messina ci vuole trasmettere.

Che meraviglia! Si riesce a malapena a credere che Cristo è stato così vulnerabile, che ha confessato al Padre di aver sperimentato quello che affrontiamo noi umani.

Nella sua umanità, ha patito lo stesso scoraggiamento, la stessa disperazione, la stessa fragilità, ha avuto gli stessi pensieri che tutti noi abbiamo nella nostra vita: ho sprecato la mia forza, non ci sono riuscito. Non ha avuto paura di mostrare la sua fatica, la sua paura e debolezza come qualsiasi uomo o donna.
 

Storia di un pezzo di legno

C’era una volta un pezzo di legno… Non si tratta di Pinocchio! … Si tratta della tavola su cui è stato dipinto questo quadro !  E’ una piccola tavoletta di legno di rovere che, come in un romanzo poliziesco, riesce a raccontarci un mucchio di informazioni sull’artista che l’ha dipinta.

Il rovere era un legno comune ma circolava poco perché è un legno di tipo pesante. Di solito veniva preferito il pioppo che è un legno più leggero che ha meno possibilità di rompersi rispetto al rovere. A quel tempo però c’era un gruppo di pittori che utilizzano questo legno, e cioè i pittori delle Fiandre ( Belgio e Olanda ).

Molti artisti italiani utilizzavano il pioppo per le loro  pitture su tavola ma ci sono ancora altre essenze di legno, quelle delle piante da frutto per esempio, il legno di pero o ciliegio o anche legno di noce veniva utilizzato in Provenza e molti quadri di Antonello da Messina sono dipinti sul noce o sul pero o sul ciliegio.

Come fa Antonello che vivena a Messina ad utilizzare gli stessi supporti degli artisti provenzali o fiamminghi? Come mai dipinge utilizzando la tecnica ad olio in modo prodigioso proprio come fanno gli artisti delle Fiandre?

 

Giorgio Vasari racconta che Antonello da Messina era stato nelle Fiandre e lì aveva imparato una tecnica particolare che é quella di dipingere con i colori ad olio e poi l' aveva  importata in Italia. Ma questa è una leggenda! La storia è molto più complicata.

Proviamo a pensare com’era il mondo di allora.

Messina nel 400 era una città importantissima del mondo mediterraneo perché quasi tutti a quel tempo si muovevano per nave considerato che era un modo più semplice di viaggiare rispetto alle vie di terra. Via terra c'era il rischio di trovare i briganti e vari altri pericoli. Fin dal Medioevo c’erano delle carovane navali denominate muda https://it.wikipedia.org/wiki/Muda  che partivano da Venezia verso il Nord Europa e circumnavigavano tutta l'Italia, avevano una fermata piuttosto lunga a Messina per rifornirsi di viveri e acqua potabile. Avevano un'altra fermata piuttosto importante in Provenza dopodiché circumnavigavano la Francia e la Spagna, risalivano per il Portogallo poi una parte andava verso le Fiandre, un'altra verso Tunisi, un'altra in Siria  e un'altra ancora in  Oriente in posti meno precisati ma che coinvolgevano la Terra Santa e avevano una certa regolarità di partenza quasi come oggi.

In realtà Antonello è davvero andato a Venezia in nave, ha impiegato circa 15 o 20 giorni. Ma perché proprio a Venezia? Venezia nel ‘400 era considerata la città più importante del mondo, la più prospera, la più ricca dove si commerciava di tutto. Ed è proprio lì che é diventato uno dei più grandi pittori della cultura europea.

Uno dei suoi maggiori committenti, Pietro Bon, che era stato console dei veneziani a Tunisi, arrivato via nave a Messina probabilmente nel settembre del 1474 diede un passaggio ad Antonello nel viaggio di ritorno.   Antonello quindi giunse a Venezia a Natale del 1474.

E’ andato a Venezia anche perché, forse, esisteva una forma di pubblicità, persino a quell'epoca.

A Messina esisteva una colonia di mercanti veneziani che, come era consueto, stavano insieme in un quartiere loro assegnato e vivevano secondo la legge veneziana.

Probabilmente sono stati proprio questi mercanti veneziani la causa della partenza di Antonello da Messina perché avevano fatto circolare la notizia della grandezza di questo artista. Soltanto dopo Venezia il legno di supporto dei suoi quadri si assesta sul pioppo quasi che a Venezia avesse avuto questa nuova nozione tecnica e ci si fosse adeguato per comodità.

Altro indizio. Antonello é stato in Provenza, e cosa ha visto?

Antonello che pur non essendosi mosso molto negli anni precedenti, doveva aver viaggiato nel Mediterraneo perché da Messina, come abbiamo già detto, si poteva andare in Provenza. Ci sono stati degli scambi di conoscenza e sono ricostruibili in diverse opere dell’artista. Nel nostro caso,

la scritta che si trova sul cartiglio dell'Ecce homo del collegio Alberoni ci aiuta a far luce sull’enigma degli spostamenti dell’artista. La scrittura non é fatta come le sue solite lettere capitali romane che si trovano in quasi tutta la pittura italiana, ma é scritta in un particolare corsivo che si chiama gotica bastarda che era la scrittura normale dei mercanti e si utilizzava soprattutto in Provenza e per gli scambi con la Provenza. 

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